giovedì 26 luglio 2018

RECENSIONE; Kraken

TITOLO: Kraken
AUTORE: Emilio Pagani, Bruno Cannucciari
CASA EDITRICE: Tunuè
ANNO: 2017

Il Kraken è un mostro che dimora negli abissi “un essere primordiale risvegliato dall’avidità dell’uomo” (Cit. Kraken, Pagani, Cannucciari).
Kraken è una graphic novel scritta da Emilio Pagani e disegnata da Bruno Cannucciari, pubblicata da Tunuè in occasione di Lucca Comics 2017. La casa editrice non si smentisce, la graphic novel esce in edizione di alta qualità con copertina cartonata. I disegni di Bruno Cannucciari sono impeccabili e le tavole hanno una banda cromatica sui toni del grigio, del nero e del verde plumbeo che rispecchiano le atmosfere cupe e soffocanti del racconto.
In un paesino francese da sempre dedito alla pesca, Serge Dougarry, ex conduttore televisivo ora in rovina, decide di aiutare Damien un ragazzino problematico, unico sopravvissuto al naufragio del peschereccio in cui tutti trovano la morte, incluso suo padre e suo fratello Etienne.
Dougarry, nel suo programma, cercava di far luce su vicende grottesche o irrisolte, un po’ sulla falsa riga di Mistero. Damien spera che l’ex stella della tv possa aiutarlo ad affrontare il Kraken, mostro che sta mietendo vittime nelle acque del villaggio di Selalgues. Date le stranezze e la fissazione per il mostro, Damien diventa il capro espiatorio dei problemi che affliggono il paesino di pescatori.


Kraken è un romanzo grafico intenso, che rivela come alcune credenze e tradizioni rimangano vive nel tempo e condizionano le vite delle persone. Allo stesso tempo, è una lettura appassionante che fa riflettere sulla solitudine, sulla morte e sul conflitto tra tradizione e modernità.
Il mostro non si vede ma aleggia come un’ombra che avvolge tutto e tutti. Il Kraken è l’ignoranza, la cupidigia, la paura. Ogni uomo ha un Kraken che dimora dentro di lui.
See you space cowboy,
Federica

giovedì 5 luglio 2018

RECENSIONE FILM: Mary e il fiore della strega

Dal 14 al 20 Giugno, Mary e il fiore della strega, primo film d’animazione del neonato Studio Ponoc è approdato nelle sale italiane.

Mary Smith si è da poco trasferita nella ridente campagna inglese a casa della prozia. Non conosce nessuno, la scuola non è ancora iniziata e per combattere la noia comincia a perlustrare la campagna e i boschi circostanti. Sarà durante una delle sue camminate che si imbatterà in un fiore luminoso, esso le donerà poteri magici e in una scopa volante che la trasporterà all’ingresso del Endors College, una scuola di magia.
Nato da una costola dello Studio Ghibli, lo Studio Ponoc è stato fondato nel 2015 da Yoshiaki Nishimura e Hiromasa YonebayashiYoshiaki Nishimura si è formato presso lo Studio Ghibli come animatore e sceneggiatore per poi dedicarsi alla regia nel 2010 con Arietty – il mondo segreto sotto il pavimento e, successivamente, con Quando c’era Marnie (2014). Hirosama Yonebayashi, anche lui proveniente dalla casa di produzione di Miyazaki, ha sempre ricoperto il ruolo di produttore. Coraggiosa quindi è stata la loro scelta di voler abbandonare lo Studio Ghibli dopo l’annuncio di apparente chiusura avvenuto nel 2014.

Il film prende ispirazione dal libro di Mary Stewart La piccola scopa, la sceneggiatura nel complesso risulta banalotta e superficiale a livello di contenuti. I personaggi non sono approfonditi a sufficienza e i loro comportamenti non sono motivati, se non in parte. Nel caso dei Villain le ragioni che li inducono a compiere determinate azioni non hanno una spiegazione plausibile e la piega ecologista/animalista viene affrontata in modo frettoloso.
Lo Studio Ghibli, in ogni suo film, ha sempre attinto dalla quotidianità giapponese, al Folklore, ai miti e alle leggende locali. In Mary e il fiore della strega gli elementi magici ci sono ma stridono con tutta una serie di fattori che sembrano messi un po’ a caso. Inoltre, nel corso del lungometraggio troviamo una miriade di elementi riconducibili a tutti i lungometraggi Ghibli da Ponyo sulla scogliera a Kiki consegne a domicilio fino a Laputa l’influenza è forte.

Questo film è sicuramente un passo indietro per il regista Nishimura che ha dimostrato di non saper sopperire alle mancanze della sceneggiatura ma, soprattutto, di avere una visione troppo ancorata all’immaginario Ghibleiano.
Sfortunatamente, le animazioni per quanto curate, non hanno l’impatto visivo di una Città incantata. Stessa cosa riguarda la colonna sonora di Takatsugu Muramatsu, già compositore delle musiche per Quando c’era Marnie, non ha sonorità particolari o memorabili.
Non mi sento di bocciare completamente questo film ma se lo Studio Ponoc vuole essere il degno successore dei Maestri Miyazaki e Takahata dovrà trovare una sua strada, impegnarsi e produrre film d’animazione con una loro identità.
See you space cowboy,
Federica


NB: la recensione è precedentemente apparsa su Nerdpool.it